L’industria: il made in Italy non si può pagare così poco. “Pronti a rivedere i criteri per definire l’autenticità”

Questa volta l’allarme lo lanciano gli industriali, gli stessi che qualche anno fa non hanno certo disdegnato le politiche promozionali della grande distribuzione per vendere il loro olio d’oliva, magari proprio l’extravergine. Dal punto di vista la loro associazione, il problema è che le promozioni sono diventate strutturali «trasformando l’extra vergine in un prodotto civetta, messo sul mercato a poco prezzo, qualche euro, per attirare i consumatori. Questa gara al ribasso induce il consumatore a pensare che l’extra valga poco, quindi costi poco», denuncia Andrea Carrassi, direttore generale di Assitol, l’associazione di categoria.

Se così stanno le cose, allora, è chiaro che il prezzo al consumatore finale spesso non copra i costi di produzione, mettendo in seria difficoltà gli olivicoltori italiani. Ecco da Milano dove si sta svolgendo Olio Officina Festival, che celebra anche i 60 anni dalla nascita della definizione merceologica extravergine, gli industriali chiedono al governo di introdurre una norma che vieti le vendite sottocosto indiscriminate «perché il «ricorso selvaggio al sottocosto è una realtà sotto gli occhi di tutti».

Già ma allora quanto deve costare una bottiglia d’olio per evitare di distruggere la filiera? Secondo fonti Assitol il prezzo medio di un extra vergine 100% italiano non può scendere al di sotto dei cinque euro, quello del blend, cioè , vale a dire l’accostamento di oli diversi tra di loro per provenienza e gusto che danno vita ad un olio dal profilo unico e costante nel tempo, devono essere venduti ad un prezzo medio superiore ai tre euro. E anche l’olio d’oliva straniero non può essere pagato meno di 2 euro. Da qui la richiesta di intervento urgente delle istituzioni perché è vitale cambiare le regole definendo i tempi, la durata e i periodi dell’anno – preferibilmente limitati per Assitol – dove fare la promozione. In questa ottica, dal punto di vista degli industriali potrebbe trovare nuovo slancio l’idea di rivedere i parametri dell’extra vergine, inserendone di nuovi per rendere più oggettiva la valutazione dell’autenticità e genuinità del prodotto, e rendendo più stringenti i limiti dell’acidità. Anna Cane, presidente del settore Olio d’Oliva di Assitol però sottolinea che «una decisione così rilevante dovrà però essere condivisa e sostenuta da tutta la filiera».

L’appello è rivolto anche alla grande distribuzione visto che l’84% dei volumi di olio Extravergine (Evo) acquistati passa dalla Gdo mentre il 16% è costituito dagli altri canali compresa la vendita diretta. Quel che è certo è che il consumo dell’olio d’oliva extravergine abbia bisogno di essere stimolato. La settimana scorsa a Verona, durante Fieragricola, la ministra delle politiche agricole, Teresa Bellanova, ha presentato la campagna di comunicazione affidata ad Ismea, che prevede anche una webserie. L’appuntamento è servito anche per dare il punto sull’annata 2019 con una produzione stimata di 321 mila tonnellate (quasi il doppio del 2018) ma comunque inferiore alla media degli ultimi 10 anni. Ad oggi il paniere degli acquisti di Evo è costituito per l’85% da olio in bottiglia non a marchio Dop/igp solo l’1% è protetto da denominazioni. E domani a Verona, nel corso degli Evoo days, il forum dedicato a questa filiera si parlerà anche di come deve cambiare questo mondo per restare competitivo e creare valore.

Fonte: La Stampa